Domenica, 11 Maggio 2014 16:48

Il Perù, paese cattolico e diverso. L’editoriale di A. Nesti

Scritto da  Gerardo

Qui di seguito riportiamo l'editoriale di Arnaldo Nesti, dal titolo I dilemmi delle identità del cattolicesimo latinoamericano, con cui si apre il numero 78, gennaio-aprile 2014, di Religioni e società, la rivista di scienze sociali della religione edita da Fabrizio Serra editore, Pisa - Roma.
Buona lettura!






I dilemmi delle identità del cattolicesimo latinoamericano
Arnaldo Nesti


Occuparsi del fenomeno religioso peruviano significa entrare nel cuore del complesso cattolicesimo latinoamericano, al cui interno ragioni storiche e motivazioni etnoantropologiche s’intrecciano e contribuiscono a rendere questo mondo una realtà particolarmente interessante, anzi, direi, suggestiva per un europeo. Questo numero di «Religioni e Società» è stato possibile grazie alla qualificata collaborazione di illustri studiosi peruviani coordinati da Catalina Romero, cui va uno speciale saluto e ringraziamento. Catalina, oltre che illustre sociologa della Università cattolica di Lima, è una personalità che è stata particolarmente vicina al grande maestro della Teologia della liberazione Gustavo Gutierrez. Fu suo tramite che anch’io ebbi modo di incontrarlo anni fa a Lima, durante un mio indimenticabile soggiorno peruviano. Fin da allora ho conservato un particolare interesse verso questo paese e verso la sua cultura.
In queste pagine abbiamo pensato di affrontare, in particolare, temi della fede e della devozione popolare del paese andino, temi che si manifestano anche attraverso forme di sincretismo religioso, a volte molto originali, e che hanno prodotto nel corso dei secoli manifestazioni artistiche di altissimo livello, come ci dimostrano tante rappresentazioni iconografiche di importanti scuole, come quella cuzchegna, racchiuse per lo più nelle chiese sparse sull’intero territorio nazionale, e ancora oggi riprodotte e oggetto di attenzione da parte di appassionati d’arte.
Raúl Porras Barrenechea, storico peruviano scomparso nel 1960, sosteneva che il peruviano è la persona più religiosa al mondo.
Nel paese andino la religione ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo sociale e culturale delle società fin dalle origini, passando attraverso i processi di gestazione delle civiltà e della formazione politica e culturale delle società andine preispaniche. Anche successivamente la trasformazione religiosa è proseguita, in seguito alla caduta dell’impero Inka e la presa del potere da parte degli spagnoli che imposero il cattolicesimo.
In Perù predomina il cattolicesimo che, arrivato insieme ai conquistatori, ha avuto un incontro con la religione politeista incaica ed ha prodotto un sincretismo religioso presente in tutto il paese, in modi e intensità diversi. Le identificazioni si riflettono immediatamente nelle immagini e nella tradizione orale, che presentano numerosi esempi della fusione di entrambe le religioni. Gli indigeni andini, che lungo la propria storia avevano assimilato diversi dèi e culti appartenenti ad altri popoli della regione, assimilarono rapidamente il dio cristiano. Ciò nonostante non cessarono di adorare le proprie divinità.
Il pensiero religioso andino, che non era escludente, non comprese però che il dio cristiano richiedeva esclusività. Inizialmente i religiosi spagnoli mostrarono una estrema intolleranza verso le manifestazioni religiose andine. Una delle politiche che adottarono per ottenere la conversione dei nativi fu quella di costruire i templi cristiani sugli antichi centri cerimoniali dedicati a divinità indigene. In alcuni di questi luoghi di devozione spesso non esisteva altro che una roccia o un picco che era però considerato dagli indigeni come «huaca» o «divinità»; in altri, gli indigeni avevano eretto templi o centri cerimoniali che furono distrutti per utilizzare il materiale nella costruzione delle chiese, come è successo a Tiwanaku. Fra gli esempi più noti di un tempio cattolico costruito su un antico centro di adorazione si pensi al Cuzco, dove la Chiesa di Santo Domingo fu costruita sul tempio inka del Coricancha.
Gradualmente, come strategia di resistenza di fronte alla «morte dei propri dèi» e al sentimento di perdita d’identità che avveniva con la conquista, varie divinità indigene furono identificate con santi e con simboli cristiani, dando luogo ad un interessante sincretismo religioso.
Dopo il fallimento dei primi tentativi di evangelizzazione forzata, i conquistatori cristiani adottarono criteri più flessibili e permisero che il sincretismo si esprimesse in tutte le sue manifestazioni. I nativi si appropriarono dei simboli cristiani con il fine di esprimere la propria religiosità. Allo stesso modo utilizzarono il calendario ecclesiastico, nel quale incontravano varie coincidenze con il calendario agricolo.
Anche i religiosi spagnoli seppero approfittare di queste similitudini. La festa del Corpus Christi si fuse con quella dell’Inti Raimi, celebrazione inca appartenente al ciclo agricolo. Durante questa festa, l’Inka sfilava a Cuzco preceduto dalle mummie dei propri antenati; nella processione coloniale del Corpus, i santi sostituirono le mummie. Allo stesso modo, in varie feste religiose era comune presentare la lotta degli angeli contro il demonio, scena teatrale che si percepisce in danze attuali come la Diablada, a Puno. A Paucartambo, la danza dei Sajras, o diavoli, si balla insieme ad altre che rappresentano la vittoria dei Collas (abitanti della sierra) contro i Chunchos (abitanti della selva), tradizione molto radicata nella zona lacustre.
Il Señor de los Milagros, protettore della popolazione contro il terremoto nella costa peruviana, il cui culto è molto popolare a Lima, si identificò con Pachacámac, divinità sotterranea. L’immagine della Virgen María fu assimilato a quella della Pachamama o madre terra, come si evidenzia nel quadro La Virgen del Cerro, di autore anonimo. La figura di San Bartolomé fu associata a quella dell’eroe e profeta aimara Tunupa.
L’apostolo Santiago, che in Spagna era venerato come un santo soldato chiamato Matamoros per aver collaborato alla guerra contro gli arabi o mori, fu associato a Illapa, il dio aimara dei fulmini e fu rinominato Mataindios. Teresa Gisbert (storica dell ́arte, peruviana) trova un’associazione tra Illapa e gli arcangeli archibugieri della scuola pittorica del Collao (una delle quattro aree in cui era suddiviso l’impero inkaico, zona del Cuzco) in quanto questi sono capaci di fare fuoco con le proprie armi... .
In questi ultimi anni ho alimentato il mio interesse al mondo peruviano, oltre che per gli eventi legati al Senor de los Milagros, anche per l’opera letteraria di Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura nel 2010.
Egli ha messo in risalto aspetti del mutamento di un fenomeno in qualche modo paradossale. L’America Latina era stata considerata a lungo la terra dell’irresponsabilità, dei governi populisti, delle dittature militari, e la corruzione, lo sperpero, il cinismo dei politici la principale ragione del suo impoverimento e del suo sottosviluppo. A poco a poco si è rovesciato il mondo: oggi ci sono moltissimi giovani laureati europei e americani che cercano il loro futuro professionale in America Latina mentre prima era tutta l’America Latina che voleva trasferirsi in Europa e negli Stati Uniti. Ho messo in evidenza nel mio Nel Mediterraneo largo (Roma, Aracne, 2012) le ragioni delle forti connessioni all’interno del Mediterraneo.

«Quando paragono, scrive opportunamente Vargas Llosa, l’America Latina di oggi con quella che io lasciai da giovane e nella quale c’erano soprattutto dittature militari, guerriglie, guerre civili, politiche populiste e nazionaliste che ci portarono alla rovina, vedo un continente moderno nella sua economia, nelle sue idee, nelle sue istituzioni.
Le rivolte studentesche in Brasile e in Cile sono la prova della modernità. Sono proteste da primo mondo nelle quali una nuova generazione di cittadini chiede ai governi migliori servizi e una istruzione più democratica.»

Vargas Llosa mette in risalto il fatto che le società sono formate soprattutto da gente invisibile che non finisce mai in prima pagina, ma che resiste nelle avversità, che rispetta le leggi e protegge i propri valori. Lo mette in risalto nel romanzo L’eroe discreto.
L’idea di L’eroe discreto gli è venuta leggendo un piccolo annuncio su un giornale di provincia. Un piccolo imprenditore di una azienda di trasporti aveva pubblicato un avviso nel quale si rivolgeva ai mafiosi del posto rifiutandosi di pagare il pizzo. Lo colpì il coraggio di un uomo senza potere, un uomo vulnerabile che per una questione di principio osava ribellarsi alla mafia.
So bene delle contraddizioni ritornanti nella storia, ma anche l’osservazione llosiana induce a guardare con particolare simpatia... al Perù e alla realtà latino-americana. Grazie amigos y companeros! Grazie Catalina!

Da qui puoi collegarti al sito dell’editore Fabrizio Serra.



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